Prima che arrivi la notte

In uno strano pomeriggio d’estate, afoso e cupo, Liliana apprese da una telefonata, che pareva arrivasse da molto lontano, la morte della mamma.
La ferale notizia si abbattè su di lei come un fulmine a ciel sereno , mentre si accingeva a ritornare a casa proprio dalla madre , dopo qualche giorno di ferie passato nella villetta di famiglia sul mare.
Liliana appese la cornetta, senza dire una parola e, senza una lacrima, attonita e disincantata, si avviò verso la camera da letto e, sempre in silenzio, si buttò a corpo morto sulla brandina, fissando il soffitto. Manco a farla a posta, la sera prima aveva litigato con sua madre, durante una lunga telefonata di fuoco, che si era conclusa nel modo peggiore: con una parolaccia ed una cornetta messa giù in malo modo.
“Non è possibile , ripeteva tra sè, mentre sperava che quel letto sul quale era stesa potesse trasformarsi in un treno che la portava lontano da tutto. Poi chiuse gli occhi e decise, con matematica freddezza , che non doveva più vivere.
Staccò il telefono, assunse delle compresse e fece in modo che la sua morte avvenisse prima che scendesse il buio; solo così avrebbe potuto riconoscere sua madre nell’aldilà e chiederle perdono.
Ed invece fu proprio il buio che l’avvolse all’improvviso mentre sveniva sotto l’effetto dei farmaci.
Credeva di essere morta , ma al contrario, si ritrovò nel letto di un ospedale attorniata da medici e famigliari. “Ci hai fatto spaventare, mia cara” – disse una delle tante zie-, mentre allungava la mano per accarezzarla; accanto a lei c’era un serioso ma accattivante medico che le si avvicinò per tastarle il polso. “L’abbiamo presa per i capelli…lo sa? Meno male che ha assunto più ansiolitici che antidepressivi se no, non era più qui con noi”.
Ma Liliana non ascoltava, era morta….e comunque sia, aveva deciso di spegnere la mente visto che il corpo era ancora, ahimè, in vita.
Per molti giorni, appariva avviata verso la catatonia, mentre lei giaceva nel suo letto, anemica, indifferente con lo sguardo altrove.
Solo dopo diversi giorni si ridestò- come in una bella favola – da quella specie di sopore che sembrava non avesse più fine.
E allorquando pareva non vi fosse più alcuna speranza di ripresa, iniziò ad alzarsi dal letto, ad alimentarsi e soprattutto a collaborare con i medici senza però grande convinzione….
Ci volle altro tempo per un miglioramento più netto, ma finalmente un bel giorno uscì non solo dal buio ma anche da quell’Ospedale.
Tornò a casa accompagnata dai parenti in quella dimora che aveva condiviso con la mamma e solo con lei per la maggior parte della sua vita, visto che il padre era andato via già da qualche anno senza contare le tante assenze improvvise di mesi, salvo poi ritornare facendosi perdonare con quell’aria da bambino impenitente da una moglie rassegnata e innamorata suo malgrado.
Liliana si congedò in fretta dai suoi cari che viveva come opprimenti e d’intralcio quasi li sospinse fuori dalla porta ,rassicurandoli che stava bene e che non aveva bisogno di nulla, ma,
quel che era peggio, e che non si era neanche preoccupata di portare un fiore sulla tomba della mamma tra lo stupore dei parenti.
Ma alcuni di loro pensarono che forse era meglio così.
Avrebbe potuto essere per lei uno choc, andare in quel luogo così triste, sarebbe potuta ricadere in quella strana malattia, in quel male oscuro che faceva così paura che era forse meglio non parlarne.
Una volta , finalmente sola, cercò febbrilmente il telefono per richiamare il suo ragazzo.
“Mario? Sono io- disse con voce concitata Liliana- ti voglio vedere subito, sto meglio , ora posso finalmente incontrarti; i medici sono d’accordo… non temere.”
Lei e Mario non si vedevano da molto tempo ormai, senza peraltro una ragione precisa; forse per noia o forse per un eccesso di abitudine, ma soprattutto senza aver fatto mai sesso.
Era Liliana che aveva deciso così e lui aveva subito questa scelta senza alcuna convinzione, ma dopo un pò di tempo, si era dileguato e Liliana non aveva osato chiedergli spiegazioni; non c’era bisogno di insistere più di tanto…lei sapeva bene il perché di quella sua improvvisa sparizione. Lui arrivò ansimante e sorpreso e lei lo accolse senza dire una parola anzi gli si avvinghiò d’impeto e gridò :” Ora sì che dobbiamo fare l’amore, subito prima che arrivi il buio, capisci?”
Lui la guardò perplesso e poi esclamò:” Ma ne sei sicura? Ti pare giunto il momento di farlo proprio ora così all’improvviso e poi tua mamma è morta da poco!”
Liliana non sembrava esitare; si spogliò ed iniziò a slacciargli la camicia come fosse in preda ad un raptus, ad un bisogno impellente…. di amore.
Dopo di che , iniziarono a contorcersi in spasmodici atti sessuali che sembravano non avere mai fine ed ogni giorno Mario tornava per concedersi a lei e ad amplessi sempre più esasperanti , eccessivi, morbosi ed inquietanti.
“Ora basta” esclamò un giorno Mario ,”stai esagerando, mi disgusti, mi imbarazzi…..tutto ciò non è normale!”.
Liliana era sul letto, nuda, insaziabile, vogliosa:” Ma non lo capisci? Gli ripeteva , con aria disperata….””dobbiamo continuare a farlo prima che arrivi il buio”.
Ma lui non poteva comprendere ….quella frase ricorreva spesso in lei quando doveva prendere una decisione; era come una coazione a ripetere , fastidiosa sì ma che pareva rassicurarla. Anche il suo analista l’aveva spesso tranquillizzata:” con le cure che sta facendo mia cara, prima o poi quella frase sparirà dalla sua mente….”
“Ma di che parli? Non ti capisco – ribattè lui – ormai più risoluto mentre si ricomponeva.
Liliana si morse il labbro e congiungendo le mani gli chiese:” domani torni?.
Mario rispose con voce sommessa :” non lo so, ho molti impegni che ho trascurato per troppo tempo, del resto sarebbe ora che tu ricominciassi a ragionare e a darti una calmata. Torna dal tuo analista e per il momento non cercarmi più”. E così per la seconda volta Mario uscì dalla sua vita , ma la motivazione questa volta, era esattamente opposta alla prima.
Liliana ricadde in uno stato di profonda prostrazione ed il buio sembrava ritornare a scendere come un pesante velo su di lei.
Il vuoto esistenziale incombeva nuovamente ed il torpore si insidiava nella sua mente come quando era stata tanto male dopo la perdita della mamma.
Ma proprio quando sembrava cedere ad un nuovo stato di angoscia, venne improvvisamente attraversata da un pensiero, che , pareva si fosse spento in lei inesorabilmente: suo padre dove era finito? Forse pensò che parlando con lui e rincontrarlo, le avrebbe potuto fare bene. E così lo andò a trovare, dopo anni di silenzio inspiegabile, come tutto quello che riguardava la sua strana vita ove nulla era mai chiaro, scontato e coerente.
Trovò il padre invecchiato, appesantito con accanto una donna scialba e sciatta come la loro casa anonima e sporca, almeno così le sembrava forse perché detestava quella donna e tutto ciò che la riguardava. Era forse un segno di un rifiuto ostinato?. Ormai Liliana era abituata a studiare e ad analizzare in modo ossessivo tutto quello che pensava.
Doveva parlarne con il suo analista – pensò – e tra l’altro avrebbe potuto essere un buon motivo di conversazione, ma soprattutto una scusa più che ottima per rivederlo. Inutile dire che anche lei, come tante altre pazienti, era fatalmente innamorata del suo terapeuta. Avrebbe voluto fare l’amore con lui mille volte, ma sempre , ripeteva tra sé , prima che arrivi il buio. Ma lui non faceva caso alle sue attenzioni.
Il padre le andò incontro e la abbracciò calorosamente e, con sorpresa, apprese la morte dell’ex moglie.
“Ma non c’era alcun annuncio sul giornale….come potevo saperlo? Povera piccola- aggiunse-
Chissà quanto avrai sofferto, se vuoi puoi venire a stare con noi….
Caro papà – pensò Liliana- come sai fare bene la parte del buono, del tenero, dell’angelo che casca sempre dalle nuvole….sempre con la stessa non chalance di tanti anni fa quando confessasti a mamma il tuo tradimento e svanisti oltre la porta di casa facendoti sentire di quando in quando, inviando un assegno di mantenimento solo se sollecitato più volte.
“Ops me ne ero quasi dimenticato e mentre lo diceva assumeva un’aria di infantile dolcezza.
Del resto, pensò Liliana, papà era un artista e dunque distratto dalla sua stessa arte , innamorato di se stesso, un impenitente narcisista proiettato solo su di sé. Vittima e carnefice inconsapevole del suo io che gli impediva di occuparsi degli altri; quante donne avevi avuto, caro papà, pensò Liliana…..le facevi innamorare di te per poi sparire.
Il padre a ben guardarlo aveva ormai il fisico di un camionista , ma il suo animo era quello di un milord così snob e sordo ai bisogni altrui; dunque che ci faceva –pensò Liliana- in quella casa sporca, appoggiato ad un tavolo bisunto ed accanto ad una donna volgare, sempre pronta ad un sorriso evanescente e stereotipato?Forse anche lei era caduta vittima del fascino di uno stravagante artista.
Ma sì pensò Liliana sempre più convinta ; qualche giorno da papà potrebbe colmare il vuoto che ormai l’assillava, giusto qualche giorno, non di più….ma già sapeva che l’idea di conoscere la nuova famiglia del padre non le dispiaceva per niente , anzi.
E così arrivò di sera con una valigia carica di roba che faceva ben comprendere che non sarebbe rimasta lì per poco.
Così pensò anche la convivente mentre una piega amara si dipingeva sul suo viso.
Arrivò giusto per ora di cena , ma al desco preparato in modo molto approssimativo, trovò una gradevole sorpresa e cioè il figlio della nuova compagna del padre.
Un giovanottone splendido e dall’aria gioviale, Liliana provò un brivido di piacere nel porgergli la mano ed intanto pensò tra se:”Mio Dio, fa che la ninfomania, questa brutta bestia di oscuro origine, non si risvegli di nuovo in me , se no anche questa splendida creatura svanirà nel nulla. Ed intanto le venivano in mente le parole del suo analista, che la rassicurava con voce profonda e suadente, :” Ma no, signorina, lei non è una malata, lei non è un erotomane; cerca solo di salvarsi dalla paura della morte, della solitudine e lo fa attraverso il sesso…non è una soluzione ottimale quella che ha intrapreso, ma in parte, l’aiuta non deve dunque sentirsi in colpa per questo. Faccia l’amore ma non si senta una donnaccia….”
Liliana tirò un lungo sospiro di sollievo, si sentì più sicura e tranquilla ormai il peggio era passato , mentre uno strano sorriso all’improvviso apparve sul suo volto e volse di nuovo lo sguardo verso quel ragazzo.
“Certo , pensò, quell’uomo è molto attraente, sarà quel suo sguardo intrigante, o quelle spalle larghe, o la voce calda oppure le sue mani dalle dita affusolate….un’amante ideale, dunque.
“Ma sì decretò Liliana, tra sé, perché no? Si potrebbe provare ma l’importante è che tutto avvenga prima che arrivi il buio.
Franca Berardi