Esenzione dalle tasse per famiglie numerose

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labateFamiglie al centro dell’attenzione. Famiglie in tempo di crisi e iniziative per aiutarle; riduzioni, sconti, bla bla bla. Bastava dire che chi ha tre-quattro figli non paga niente e basta, come ai tempi antichi: al tempo dei Savoia, il dodicesimo figlio veniva chiamato Franco, perchè permetteva  alla famiglia, con la sua nascita, di affrancarsi da qualsiasi tributo; al tempo dei balilla le famiglie numerose con più di 7 figli erano sostenuti con sussidi o con esenzioni da tributi; oggi si deve tener conto di questo, di quello, si deve operare delle percentuali, detrazioni, deduzioni…. I figli sono un peso (economico) per la Comunità; dall’ultima indagine ISTAT, la media dei componenti i nuclei familiari (famiglie di fatto e convivenze) è 2,5, cioè a dire 1/2 figlio per famiglia . Tra qualche decennio gli “extracomunitari” saranno la speranza del futuro dell’Europa.

Ora un racconto (veramente accaduto e pubblicato dal periodico il Paese a firma di Vincenzo Pascalicchio) che ha interessato una famiglia turese, tanto tempo fa:

 

“Ce prìme se ìalze, prìme se càlze”.

(ndr: chi prima si alza, prima si calza)

Mussolini, fave e figli

L’anno 1936, Dionigi Labate (Dionìgge) e Giulia Carenza, nati il 1898, avevano 10 figli; come magistralmente fotografati da Santoro. Figli nella foto: Pasqua, Pasqua Maria, Pietro, Donato, Domenico, Giovanni, Isabella, Cosimo, Giuseppe e Benito(il piccolissimo). In seguito, nasceranno Vittorio e Cosimo 2°. Domenico, morì all’età di 18 anni; Cosimo, morì a 8 anni; Cosimo secondo, dice Isabella: ”Fu ucciso dalla sbadataggine di uno che guidava l’auto scimmiottando con la fidanzata; mio fratello rientrava dal lavoro col motore. Morì, lasciando moglie e due figli a soli 25 anni, ad agosto del 1967”. “Si viveva in un sottano vicino alla cappellina della Madonna della Grazia”. Dionigi era mediatore. Dai campi presi in affitto, quell’anno seminò e raccolse ben 12 quintali di fave; all’epoca, il principe degli alimenti. “fève sòbba fève!” (ndr: fave e sempre fave). Qualcuno, verificato che non pagava le tasse riguardanti la sua attività, lo segnalò. Alla denuncia seguì la richiesta di pagamento da parte del Comune, poi, “scennìje da Petegnène l’Uffecièle” (ndr: venne da Putignano l’Ufficiale tributario), stima dei beni in suo possesso e individuazione delle fave quale unico bene vendibile per sanare il debito. Ane seggellète i fève!  (ndr: hanno sigillato le fave)“Ho paghi o le mettiamo in vendita”. Quattro giorni di fuoco. Stefano Albano, amico, consigliò Dionigi così: “visto che qua… vai a Roma da Mussolini e chiedi di essere ascoltato e liberato da questa situazione, ti presto io i soldi del viaggio. Ah! Fatti una bella foto di famiglia, con i vestiti che si usano, e mostrala. Semmai non potrai più darmi indietro i soldi del viaggio, non fa niente. Solo Roma ti può salvare!”. Giulia andò da “donna” Pasqualina Schettini, componente della Segreteria del Partito Fascista, figlia del costruttore dell’orologio di San Giùuanne, e chiese di poter avere in prestito l’occorrente per vestire la famiglia e farsi la foto. Fu aiutata. Ritornò al mittente i vestiti. Gino Ferrante sbrigava pratiche per loro. Giosuè Totire, Esattore, “ ce uèije da mèije!” (ndr: cosa vuoi da me?), temporeggiava. Dionigi, che di solito operava stando al largo San Giovanni, entrò nel Bar di Peppìne Losacco, fanatico sostenitore del fascismo, e cominciò a raccontargli che aveva intenzione di andare a Roma da Mussolini per gridare le sue ragioni. Lo schernì rispondendogli: “Tu! Tu sarai arrestato prima di arrivare a Bari! Tùu, mànghe o Casèle arrevèije!” “Vedremo!” Rispose convinto Dionigi. Partì. Arrivato a Roma, passò la notte dormendo sul sedile nella stazione; ma, intercettato dalla Ronda e sospettato di vagabondaggio, fu portato in Questura, trattenuto e interrogato. Disse: “voglio parlare con Mussolini!”. Le diedero del pazzo. Dionigi è convincente e sa parlare; spiega la sua vicenda, spiega che è invalido di guerra, mostra il braccio seriamente danneggiato ed esibisce la foto di famiglia. Gli credono e, per fortuna, in seguito, lo portarono nel Palazzo dove il Duce governa l’Italia. Lui già vedeva davanti a se: Mussolini seduto ad ascoltare il fatto delle fave e dei figli e della tassa e dei turesi e di quelli che… Viene ricevuto da una persona che le chiese: “Dimmi, sono io Mussolini!” Dionigi gli rispose: “ no! Lei non è Sua Eccellenza!” “D’accordo! Allora spiegami il tuo problema ed io te lo risolvo!”. Era un Funzionario della Segreteria Politica del Duce. Lo ascoltò attentamente, guardò la foto di famiglia, incantato, e rivoltosi ai suoi collaboratori ordinò: “Provvedete al meglio!”. Ebbe i soldi del viaggio, da mangiare, un aiuto economico alla sua famiglia e l’esonero. Ebbe, anche, la medaglia dell’Unione Fascista Famiglie Numerose con 10 farfalline sul nastro. Lo accompagnarono alla stazione ferroviaria assistendolo fino alla partenza per Bari. Dionigi, raccontava: “Lo vedevo! Ero ad un passo da Mussolini, Lui era nell’altra stanza e parlava con un Ufficiale”. Raggiunto Turi, affrontò il Bar Losacco  “Peppìne remanìje che tànde de nèse!” (ndr: Peppino rimase con tanto di naso); incontrò Stefano Albano e gli restituì i soldi; incontrò Ronzìne Spède (il banditore), già super informato, che si complimentò così:”brève a Dionìgge!”;  grazie, rispose, ed esclamò:“ ngè fèije vedèije i sùrge rùsse  a chìsse!” (ndr: gli farò vedere iorci verdi) a questo); incontrò la famiglia, fiero e sorridente. Giù le mani dalle fave. Arrivarono altri soldi, ordini e tirate d’orecchi per il Maresciallo. Forse, anche per  la Segreteria Federale del Partito Fascista, curata dall’insegnante Silvestro Lerede. E’ paradossale. Si poteva giocare in casa. Tutto, però, fu sanato. Amareggiato il Maresciallo disse: “Perché prima di andare a Roma non sei venuto da me?”. Dionigi pensò: “sìi, dòppe i fùueche!” (ndr: troppo tardi). Le promesse gridate, forse non erano per tutti. Ma era tesserato? U mèle è u bbène, da Ròme vène! (ndr: il bene e il male viene da Roma). Questo lo penso io. Inoltre, sempre da Roma, il 1970, le viene conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto. I ricordi di: Isabella, Denatùcce, Giovanni e Pasqua sono stati fondamentali per costruire questa piccola grande storia. Diciamo: Dionigi e Giulia, siete stati fortissimi.

 

(i vestiti dei figli furono prestati alla famiglia da Pasqualina Schettini, sorella del Soprintendente alle belle arti di Bari e figlia  di Giuseppe costruttore della torre dell’orologio, che all’epoca era nella segreteria del fascio (ubicata accanto alla chiesa di San Domenico dove c’e’ il circolo). quanto era grande la povertà, e quanta la pietas )

 

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