di Stefano de Carolis A Turi, nel Settecento, cita lo storico Giovanni Bruno, la famiglia Palmisano aveva il patronato dell’altare di S. Lorenzo, posto nella cappella in fondo alla navata destra della Chiesa Madre; dal XV sec. esistevano ” beneficii fundati sub titulo S. Nicolai intra Turi per Ioannem Dominicum Palmisano nella chiesa di S. Nicola sita alla contrada del Castello” All’inizio del Settecento, tra i maggiorenti locali, viveva Nicolo’ Palmisano, fisico (1) di Turi , “chierico maggiore” (2) , nato nel 1676; aveva sposato donna Cornelia de Ritola, nata nel 1681; ; dal matrimonio nacquero cinque figli, tre maschi e due donne, tutti votati alla vita monastica e sacerdotale. Il figlio Giuseppe divenne sacerdote presso la Reale Chiesa di San Nicola di Bari; mentre suo fratello Donato classe 1718, era chierico presso la Collegiata di Turi; il minore dei fratelli, Stanislao, divenne sacerdote della “Compagnia di Gesù” . Le due figlie erano rispettivamente Paolina, monaca presso il monastero di Santa Maria della Purita’ del Comune di Modugno detto delle “Cappuccinelle” (3), e Giuseppa Gaetana suora presso il Monastero delle Clarisse di Turi (1738).

La famiglia Palmisano era benestante ed abitava in una casa signorile, situata nei pressi del “Sedile di Turi”, e precisamente “sopra gli archi detti di Palmisano” attuale via arco Palmisano.
____________________________________________
(1 in quel periodo ci sono 5 fisici (medici)
(2) Dal latino tardo clericus, in italiano ” chierico” designa una persona che appartiene al clero (dal greco kleros , latino clerus: “parte scelta”; distinta da laikos: in greco “popolo comune”, “profano”): all’inizio del cristianesimo con il termine “clero” si designava tutto il popolo cristiano, il popolo eletto, il popolo di Dio; ma già nel III secolo la parola sta a indicare coloro che sono addetti al servizio del culto perché “parte” del Signore. Nel Medioevo, chierico si identificava spesso conliteratus: cioè chi conosceva il latino, dunque significava “colto” e “intellettuale”, “uomo dotto e istruito”. La condizione di chierico era l’unica che permettesse di coniugare occupazioni spirituali e culturali . Con la formazione delle università nel corso del XIII secolo lo statuto clericale è esteso a professori e studenti. Si diventava chierico anche senza intraprendere una carriera sacerdotale con la semplice “tonsura” (il taglio di alcune ciocche di capelli o della rasatura tonda centrale sulla nuca che prende per l’appunto il nome di “chierica”: un rito che precede gli ordini sacri e diventa necessario per riceverli perché distingue dallo stato laico) e senza obblighi onerosi: non sempre veniva, ad esempio, richiesto il celibato , oppure ricevendo gli ordini minori (ostiario, lettore, esorcista, accolito) o quelli maggiori (suddiacono, diacono, sacerdote, prete e vescovo), per cui si distingue tra chierici minori e maggiori. La condizione di chierico dava diritto a ricoprire uffici ecclesiastici, incarichi che spesso potevano essere anche demandati a qualche vicario (come nel caso della responsabilità di una parrocchia), in cambio di godimento di beni, privilegi, rendite, sovvenzioni e, in particolare, di benefici ecclesiastici, spesso, soprattutto dal Trecento al Settecento, unico mezzo di sopravvivenza economica per molti letterati’chierici, a cominciare da Petrarca e alternativo al servizio a corte o al favore di qualche mecenate (http://www.italica.rai.it/)
(3) Il monastero di Santa Maria della Purità di Modugno (BA), fù fondato a metà del sec.XVII; nella relazione del 1702 dell’Arcivescovo di Bari Muzio Gaeta, il monastero e’ denominato comunemente delle “Cappuccinelle”. Esso seguì le vicende delle leggi eversive del 1866, ma rimase abitazione delle monache fino al sec. XX.